TROTTOLA – CENNI STORICI E REGOLAMENTI
SCHEDA TECNICA DENOMINAZIONE: gioco della Trottola, Trottola (strùmmolo, nome dialettale tra i più diffusi) ZONE IN CUI VIENE PRATICATO: oltre che nell’intera Europa, il gioco è praticato in Asia (Giappone, Giava, Corea e Cina), in Oceania ed in alcune zone dell’America e dell’Africa. TIPO DI GIOCO: Gioco di abilità che stimola capacità uditive, visive e coordinazione tra mano e occhi. NUMERO DI GIOCATORI: 1 contro 1 giocatori per la modalità di sfida individuale, da 3 a 5 componenti per la modalità di sfida a squadre. MATERIALI DI GIOCO: trottola, spago (cordicella) CAMPO DI GIOCO: strada, piano di legno, tappeto di apposito materiale ORIGINI: Antichissime, trovati esemplari di trottole in argille sulle rive del fiume Eufrate risalenti addirittura al 4000 a.C. Diffusa tra i Greci ed i Romani e tra gli Indiani d’America prima dell’arrivo di Cristoforo Colombo, in Giappone, Borneo e Nuova Guinea. |
INTRODUZIONE E CENNI STORICI La Trottola anche detta tradizionalmente “strummolo” (in Sicilia strùmmula, a Napoli strùmmolo) è un giocattolo ma la denominazione è usata anche per indicare la pratica del gioco stesso che vanta di essere uno dei più antichi e diffusi giochi di strada al mondo a disposizione dell’”homo ludens”. Il termine strummolo proviene presumibilmente dalla parola greca strombos o strobilos cioè mulinello o oggetto atto a ruotare. La Trottola rappresenta il simbolo dell’equilibrio, un vero strumento di ingegneria, semplice e complesso allo stesso tempo, costruito fin dall’antichità, che trova il suo equilibrio solo muovendosi. Esemplari di trottole sono stati rinvenuti negli scavi dell’antica Troia, a Pompei, in alcune tombe etrusche, in Cina, in Giappone e in Corea. STRUMMOLO – TROTTOLA Lo strummolo non era altro che un piccolo cono di legno che girava su una punta di acciaio e fatto roteare con l’aiuto di una funicella. La stessa funicella veniva usata come frusta per mantenere l’oggetto in movimento. La sua forma è quella classica di quasi tutte le trottole, quindi una specie di cono con il vertice in basso, sormontato da una calotta più o meno semisferica. Da questa parte superiore sporge spesso una piccola protuberanza di ferro appuntita. I tornitori, lavorando di solito su vecchi torni a pedale, realizzavano lo strummolo con precisione ed equilibrio. Solitamente erano usati legni semiduri di provenienza locale e quindi economici; il più usato era il limone, ma si lavorava anche l’olivo e la quercia. Terminata la tornitura si praticava un piccolo foro nella parte inferiore e lì si infiggeva e poi si troncava un chiodo d’acciaio, lasciandone fuori un centimetro o poco più, infine lo si appuntiva con la mola. La superficie laterale dello strummolo poteva essere liscia o avere una serie di scanalature per facilitare il posizionamento della funicella. Per arrotolare quest’ultima, si manteneva una sua estremità nella parte alta della trottola e poi la si faceva scendere verticalmente. Giunti alla base si cominciava a far salire ‘a funicella elicoidalmente lungo ‘o strummolo stando ben attenti ad avvolgerla in modo che la legatura fosse ben stretta e mantenesse bene l’estremità che rimaneva al di sotto delle volute. Alla fine doveva rimanere libero un pezzo di funicella sufficiente a tenerla saldamente in mano in modo da poter effettuare un buon lancio. Per ottenere buoni risultati entravano in ballo numerosi fattori dei quali i principali erano: – uno strummolo ben equilibrato e con la punta perfettamente in asse – una funicella abbastanza lunga – una arrotatura stretta – un buon colpo di polso. Il movimento classico per un buon lancio prevedeva un veloce spostamento in avanti del braccio concluso con un repentino e secco colpo di polso all’indietro, in modo da imprimere la massima velocità rotatoria possibile all’attrezzo di gioco. I più bravi tiravano sopramano, cioè dall’alto in basso, mentre i giocatori più scarsi lanciavano a sottamano, cioè con un tiro più radente. ‘O strummolo, specialmente quando era lanciato dall’alto verso il basso, rimbalzava varie volte a terra saltellando sulla sua punta d’acciaio e poi, se ben lanciato ed equilibrato, poteva rimanere ben diritto continuando a girare anche per molti minuti. TIPI DI GIOCO DELLO STRUMMOLO Al di là del divertimento che ci si poteva procurare lanciando il proprio strummolo, esistevano anche varie maniere di battersi in sfide dirette o fra più ragazzi e quella più famosa e praticata era ‘a forca (la forca). Per questo gioco era necessario disegnare a terra una croce e poi, a due o tre metri di distanza dal centro di questa, si tracciava una linea lunga un paio di metri, detta appunto ‘a forca. Per stabilire chi dovesse tirare per primo, si lanciava ‘o strummolo verso il centro della croce e chi fosse riuscito ad avvicinarvisi di più avrebbe avuto il diritto al primo lancio. Il perdente piazzava il suo strummolo, fermo, al centro della croce mentre l’altro arrutava (avvolgeva ‘a funicella) e poi lanciava la sua trottola contro quella dell’avversario tentando di colpirla e di spingerla verso ‘a forca. Se non vi fosse riuscito, ma il suo strummolo restava ancora in piedi, girando, aveva diritto a farlo salire sul palmo della mano facendolo passare sulla membrana compresa fra l’indice e il medio; quindi, mentre girava ancora, lo poteva poi lanciare ancora una volta verso quello dell’avversario, sempre nell’intento di mandarlo ‘a forca. Il primo tiro era detto ‘a pizzata e si tentava di colpire con la punta, mentre il secondo era ‘a capata e si colpiva con la parte laterale del legno. Ogni volta che si riusciva a colpire ‘o strummolo dell’avversario si aveva diritto ad arruta’ di nuovo e quindi ad un altro tiro. Nel caso si fossero sbagliati entrambi i tiri o, dopo il tentativo fallito di pizzata, ‘o strummolo si fosse fermato, o semplicemente fosse caduto, le parti si invertivano: chi aveva lanciato metteva il suo strummolo nel punto raggiunto da quello dell’avversario e questi cominciava la sua serie di lanci. Il gioco terminava quando un giocatore riusciva a spingere ‘o strummolo nemico oltre la linea della forca. A questo punto era giunto per il perdente il momento di pagare la posta in gioco e questa non era costituita da niente di materiale, ma da una punizione a volte peggiore. Infatti avrebbe dovuto subire un certo numero (stabilito all’inizio) di pizzate, colpi inferti dal vincitore con la punta del proprio strummolo. La procedura esatta per l’esecuzione delle pizzate era questa: la trottola perdente veniva bloccata a terra in una piccola buca, detta ‘o maciello, e poi il vincitore, afferrato saldamente il proprio strummolo, la colpiva con la punta d’acciaio. In questa situazione un colpo, inferto a mestiere, poteva anche spaccare uno strummolo. Altre volte si riusciva solamente a scardarlo (scheggiarlo). Se a seguito della pizzata, sia durante il gioco che alla fine, la punta d’acciaio fosse rimasta infissa nello strummolo avversario, chi aveva inferto il colpo aveva il diritto di sollevarli entrambi, prendendo in mano il proprio, per poi farli ricadere a terra da una certa altezza, ovviamente con il perdente da sotto. Questa operazione veniva ripetuta fin quando i due strummoli non si fossero staccati o quando il perdente non si fosse definitivamente spaccato; il tutto valeva comunque una sola pizzata. Un’altra modalità di gioco, molto più semplice, che si poteva fare in due e molto meno pericoloso per il proprio strummolo. Si disegnava a terra un cerchio di una trentina di centimetri di diametro e poi si lanciavano contemporaneamente gli strummoli con l’obiettivo di farli rimanere in piedi in rotazione il più a lungo possibile. Non era concesso di uscire dal cerchio, ma chi vedeva il suo strummolo avviarsi verso la linea aveva la facoltà di riportarlo verso il centro cingendolo e tirandolo dolcemente con la propria funicella. Questa operazione, fatta con una certa maestria, faceva rallentare solo di poco la velocità di rotazione dello strummolo, ma salvava il concorrente da una sconfitta certa e quanto meno la rinviava di varie decine di secondi. Sempre utilizzando lo stesso cerchio si poteva anche gareggiare in più persone. Ci si metteva dietro una linea tracciata a un paio di metri di distanza e di lì, dopo aver arrutato con molta cura, ognuno al suo turno lanciava il proprio strummolo tentando di mandarlo a girare nel cerchio. Chi falliva il tiro doveva subire dagli avversari una punizione consistente in un certo numero di pizzate. Sullo stesso tipo di campo, in modo simile, si giocava a spaccastrummolo, cioè si tirava a turno tentando di colpire con la propria punta d’acciaio la trottola nemica mentre questa girava. Se si fosse mandato il proprio strummolo fuori del cerchio, lo si doveva porre poi fermo al centro dello stesso e quindi si consentiva un tiro più facile all’avversario. Ovviamente, anche se si era bravi, capitava prima o poi di dover subire delle pizzate dagli avversari e quindi ‘o strummolo si andava sempre più deteriorando. Inoltre c’è da sottolineare che uno strummolo scardato (scheggiato) non era più bilanciato e quindi girava male e diventava sempre più facile perdere. Per evitare di rovinare, a volte irrimediabilmente, uno strummolo nuovo ci si poteva mettere d’accordo, prima dell’inizio della disputa per poter subire ‘e pizzate su un’altra trottola più vecchia e malandata, detta strummolo ‘e riserva (tratto dal libro di Giovanni Visetti). Nel corso degli anni tale gioco ha subìto numerose varianti derivate comunque dalle varie fasi di gioco previste dal gioco dell’appuzzato che andiamo a riproporre con regole distinte per il FINE SPORTIVO (per le quali si rimanda al regolamento scaricabile ad inizio pagina). |